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Epatite Delta, la positività agli anticorpi aumenta il rischio di cirrosi ed epatocarcinoma

I pazienti positivi agli anticorpi contro il virus dell'epatite Delta sono risultati essere a maggior rischio di sviluppare carcinoma epatocellulare, cirrosi e altri esiti avversi correlati al fegato, spesso in giovane età, secondo quanto rilevato da uno studio prospettico pubblicato sulla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology.

L'epatite Delta (D) cronica è la forma più grave di epatite virale cronica ed è associata a gravi danni al fegato che possono causare una rapida progressione verso la cirrosi e la scompenso epatico, nonché un rischio più elevato di carcinoma epatocellulare (HCC) rispetto ai soggetti con monoinfezione da epatite B (HBV). In tutto il mondo circa 62-72 milioni di persone sono cronicamente infette da HDV e sono quindi ad alto rischio di sviluppare questi eventi epatici.

Le attuali opzioni di trattamento per l'epatite delta sono limitate. Il trattamento con peginterferone alfa (PEG-IFN) può portare a un RNA HDV non rilevabile in un piccolo sottoinsieme di persone, ma i tassi di recidiva sono elevati e il farmaco è poco tollerato. Di recente l'EMA ha approvato bulevirtide, un inibitore di ingresso first-in-class, per il trattamento dei soggetti affetti da epatite D cronica, tuttavia è un farmaco costoso e il trattamento a lungo termine è difficile per via della somministrazione sottocutanea giornaliera, hanno premesso gli autori guidati da Lesley Patmore del dipartimento di gastroenterologia ed epatologia presso l'Erasmus University Medical Center di Rotterdam, nei Paesi Bassi.

«Anche se l'epatite D cronica comporta un rischio elevato di progressione verso la malattia epatica allo stadio terminale e HCC, alcune persone possono avere un decorso della malattia più lieve. Pertanto è essenziale stratificare il rischio per identificare coloro che necessitano di sorveglianza dell'HCC e per ottimizzare l'uso di nuovi antivirali quando disponibili» hanno aggiunto.

Maggior rischio di cirrosi e HCC nei pazienti positivi agli anticorpi anti-HDV 

In uno studio di coorte retrospettivo i ricercatori hanno utilizzato i dati di 269 pazienti positivi agli anticorpi anti-HDV (età media 38 anni, 58% uomini) da 10 siti nei Paesi Bassi e nel Regno Unito per misurare le incidenze cumulative a 5 anni di HCC, trapianto di fegato e mortalità correlata al fegato. Hanno anche analizzato strumenti predittivi come la misurazione della rigidità epatica, PAGE-B (punteggio che incorpora età, sesso e conta piastrinica, che ha mostrato notevole accuratezza, validità e affidabilità nel predire l'insorgenza di HCC tra i pazienti con epatite B cronica sottoposti a trattamento per l'HBV) e indice di fibrosi-4 (FIB-4). Al basale, il 34,9% dei pazienti aveva cirrosi e il 53,9% era positivo all'RNA dell'HDV.

Durante un follow-up mediano di 4,3 anni, si sono verificati 47 primi eventi, che includevano 13 casi di HCC, 27 trapianti di fegato e 7 decessi correlati al fegato, corrispondenti a incidenze cumulative a 5 anni del 3,8% e del 15,6% rispettivamente per HCC ed eventi correlati al fegato. I ricercatori hanno osservato incidenze più elevate sia di HCC che di eventi correlati al fegato tra i pazienti con cirrosi (12% e

41,3%) rispetto a quelli senza (0% e 2,1%).

L’analisi statistica con regressione multivariata di Cox ha mostrato che l'età avanzata (HR aggiustato, aHR, 1,03) e una conta piastrinica inferiore (aHR 0,974) erano indipendentemente associati allo sviluppo di carcinoma epatico, mentre la cirrosi (aHR 13,563), l'età avanzata (aHR 1,026) e la conta piastrinica (aHR 0,983) erano associati a un rischio più elevato di eventi correlati al fegato. Inoltre, la positività anti-HDV è stata significativamente associata a un maggior rischio di HCC (aHR 4,2) ed eventi correlati al fegato (aHR 7,8) dopo gli aggiustamenti per età, conta piastrinica, log10 del DNA del virus dell’epatite B (HBV) e cirrosi al basale.

«Questo studio evidenzia che le persone risultati positive agli anticorpi anti-HDV hanno un rischio significativamente più elevato di sviluppare cirrosi epatica, HCC e altre complicanze correlate al fegato, spesso in età relativamente giovane» ha osservato Patmore. «Due strumenti predittivi chiave, il punteggio PAGE-B e il punteggio FIB-4, si sono dimostrati in grado di stimare efficacemente il rischio di HCC e altri eventi correlati al fegato in questi pazienti».

Sono state rilevate incidenze cumulative a 5 anni più elevate di HCC e altri eventi tra i pazienti con punteggi PAGE-B intermedi (3,2% e 21,2%) e alti (25,4% e 45,5%) rispetto a punteggi bassi (0% e 2,1%). Analogamente, un punteggio FIB-4 più alto era correlato a un rischio maggiore di HCC (HR 1,2) ed eventi correlati al fegato (HR 1,2). I risultati erano coerenti indipendentemente dalla cirrosi o dall'RNA HDV rilevabile.

«Questi punteggi di rischio possono essere preziosi nella pratica clinica per i pazienti con epatite D cronica, aiutando a guidare le strategie per la sorveglianza dell'HCC e a dare priorità a coloro che potrebbero trarre i maggiori benefici da un trattamento e un monitoraggio tempestivi» ha concluso Patmore. «Un nuovo trattamento specifico per l’HDV potrebbe influenzare i risultati, e la nostra ipotesi è che nuove terapie specifiche anti-HDV, come bulevirtide, porteranno a tassi di aderenza al trattamento ed efficacia più elevati».

Fonte: pharmastar.it

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